Meccanismo Di Utilizzo Delle Fonti Energetiche

L’adenosina trifosfato, o ATP, è costituita da una molecola di adenina e una di ribosio (uno zucchero a 5 atomi di carbonio) a cui sono legati tre gruppi fosforici, uniti mediante due legami ad alta energia. L’energia immagazzinata nell’ATP deriva dalla degradazione di composti denominati carboidrati, proteine e lipidi, attraverso reazioni metaboliche che avvengono in assenza o in presenza di energia. I legami ad alta energia dell’ATP sono quelli che legano fra loro i tre gruppi fosfato. Tali legami possono venire scissi per mezzo di una reazione di idrolisi (reazione chimica in cui le molecole sono scisse in più parti per effetto dell’acqua): dopo la reazione di idrolisi e la rottura del legame, i tre singoli gruppi fosfato liberano una grande quantità di energia.

Oltre alla liberazione dell’energia, l’idrolisi parziale dell’ATP porta alla formazione di una molecola di adenosina difosfato (ADP) e di un gruppo fosfato.
Quasi tutte le reazioni cellulari e i processi dell’organismo che richiedono energia vengono alimentati dalla conversione di ATP in ADP; tra di esse vi sono, ad esempio, la trasmissione degli impulsi nervosi e la contrazione muscolare.

Qual è il processo che porta alla formazione delle molecole di ATP?

La respirazione cellulare.

Questa avviene nelle cellule in presenza di ossigeno (aerobiosi), attraverso il quale le sostanze nutritive derivanti dalla digestione (negli animali) o dalla fotosintesi (nei vegetali) vengono ossidate allo scopo di produrre l’energia necessaria al metabolismo. In particolare, la principale molecola che agisce da substrato per la respirazione cellulare è il glucosio; l’energia che si ottiene viene immagazzinata nei legami ad alta energia contenuti nell’ATP.
La respirazione cellulare porta complessivamente alla formazione netta di 38 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio coinvolta nella reazione.
Il primo step di questo lungo meccanismo è la glicolisi.
Negli esseri viventi la glicolisi costituisce il primo stadio delle vie metaboliche di produzione di energia; essa permette l’utilizzazione del glucosio e di altri zuccheri semplici, come il fruttosio e il galattosio (zucchero semplice -monosaccaride- simile nella sua struttura al glucosio).

La glicolisi è un processo chimico in base al quale una molecola di glucosio viene scissa in due molecole di acido piruvico e tale reazione porta alla produzione di energia, immagazzinata in 2 molecole di ATP. Questa può avvenire tanto in presenza di ossigeno quanto in assenza:

• In condizioni aerobiche, le molecole di acido piruvico possono entrare nel ciclo di Krebs e subire una serie di reazioni che ne determinano la completa degradazione ad anidride carbonica e acqua
• In condizioni anaerobiche, invece, le molecole di acido piruvico vengono degradate in altri composti organici, come l’acido lattico o l’acido acetico, mediante il processo di fermentazione.

Gli eventi principali che caratterizzano il processo di glicolisi sono:

  • fosforilazione del glucosio, meccanismo in cui alla molecola di glucosio vengono aggiunti due gruppi fosfato, forniti da due molecole di ATP che a loro volta diventano ADP;
  • trasformazione in fruttosio del glucosio appena formatosi. Il fruttosio è un composto intermedio a sei atomi di carbonio, il quale viene a sua volta scisso in due composti più semplici, contenenti ciascuno tre atomi di carbonio;
  • formazione di acido piruvico. I due composti a tre atomi di carbonio, dopo un processo di tre reazioni, vengono trasformati in due molecole di acido piruvico. L’acido piruvico è il prodotto di una reazione metabolica di grandissima importanza poiché coinvolto, a sua volta, in vie di collegamento tra carboidrati, grassi e amminoacidi (unità costitutive delle proteine).

Partendo da una sola molecola di glucosio, questo processo porta:

– la formazione netta di 2 molecole di ATP ;
– due molecole di acido piruvico, pronte ad iniziare il proprio “viaggio” attraverso il ciclo di Krebs.

Il ciclo di Krebs costituisce il secondo passaggio della respirazione cellulare e parte proprio dalla trasformazione delle due molecole di acido piruvico in gruppi acetilici (gruppi “funzionali” poiché si legano agli enzimi, piccole proteine importantissime poiché “acceleratrici” di reazioni). Questo processo avviene nei mitocondri, organelli contenuti in ciascuna delle nostre cellule fondamentali poiché costituiscono la “centrale operativa” delle cellule stesse.

Ciascun gruppo acetilico, contenente due atomi di carbonio, si lega a un coenzima (i coenzimi sono responsabili della formazione di enzimi tramite il loro legame con proteine) formando un composto denominato acetilcoenzima A (molecola fondamentale per proseguire nel processo metabolico).

Questo, a sua volta, si combina con una molecola a quattro atomi di carbonio, l’ossalacetato, per formare un composto a sei atomi di carbonio, l’acido citrico. Nei successivi passaggi del ciclo, la molecola di acido citrico viene gradualmente rielaborata, perdendo così due atomi di carbonio che vengono eliminati sotto forma di anidride carbonica.

Ha così inizio il terzo ed ultimo passaggio della respirazione cellulare: la fosforilazione ossidativa. Questa terza fase avviene a livello delle creste mitocondriali (ripiegamenti della membrana interna dei mitocondri). Grazie ad una catena di trasporto di elettroni (particelle cariche negativamente) viene liberata tanta energia immagazzinata dall’ADP, con successiva formazione di 36 molecole di ATP.

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Benefici (effetti) dell’allenamento aerobico.

Prima di entrare nello specifico, appare opportuno un breve riepilogo di quanto già esplicato:

a. L’allenamento induce modificazioni fisiologiche (adattamenti) in quasi tutti i sistemi dell’organismo, particolarmente nei muscoli scheletrici e nel sistema cardiorespiratorio;
b. Le modificazioni indotte dall’allenamento sono influenzate da alcuni fattori, quali la frequenza, la durata, e soprattutto l’intensità del programma di allenamento, nonché anche dell’ereditarietà;
c. Gli effetti allenanti si perdono dopo alcune settimane di sospensione di esso.

Gli effetti dell’allenamento aerobico, e quindi dei connessi benefici possono essere meglio compresi procedendo ad una preliminare classificazione degli stessi, ovvero

a. Modificazioni che intervengono a livello dei tessuti (modificazioni biochimiche);
b. Modificazioni a livello sistemico (sistema cardiocircolatorio e respiratorio);
c. Altre modificazioni indotte, ad esempio quelle connesse alla composizione corporea, ai livelli di colesterolo e trigliceridi nel plasma, ai valori della pressione del sangue o addirittura l’acclimatazione al calore.

a. Modificazioni Biochimiche nell’allenamento aerobico.

Sono tre i principali adattamenti aerobici che intervengono nel muscolo scheletrico in seguito a programmi di allenamento alla resistenza:

a.1. Aumento del contenuto di mioglobina.

La mioglobina è una cromoproteina capace di legare l’ossigeno. Sotto questo aspetto agisce come deposito per quest’ultimo. Tuttavia questa non è che una funzione secondaria nell’ambito del contributo che la mioglobina può dare al miglioramento del sistema aerobico. La sua funzione principale è quella infatti di favorire la cessione di ossigeno a partire dalla membrana cellulare fino ai mitocondri, dove quest’ultimo viene utilizzato.

a.2. Aumentata ossidazione di carboidrati.

L’allenamento aerobico determina un incremento delle capacità che ha il muscolo scheletrico di demolire il glicogeno, in presenza di ossigeno, con produzione di ATP. In altre parole, viene migliorata la capacità del muscolo scheletrico di ottenere energia per via aerobica, dimostrato da un incremento della massima potenza aerobica (VO2 Max) del soggetto. Strettamente collegato vi è infatti da un lato un sostanziale aumento del numero e delle dimensioni dei mitocondri, dall’altro un incremento delle attività di concentrazione degli enzimi implicati nel ciclo di Krebs e nel sistema di trasporto degli elettroni e conseguente maggiore produzione di ATP in presenza di ossigeno. Oltre all’accresciuta capacità del muscolo di ossidare glicogeno, si osserva anche un considerevole aumento della quantità di questo immagazzinata in esso.

a.3. Aumentata ossidazione dei grassi.

Così come per il glicogeno la scomposizione dei grassi, con produzione di ATP, in presenza di ossigeno, aumenta a seguito di allenamenti aerobici. Si rammenta che i grassi possono servire quali combustibili per i muscoli scheletrici durante gli allenamenti di resistenza. Di conseguenza una migliorata capacità di ossidazione di questi si correla con una accresciuto vantaggio per migliorare la prestazione in attività aerobiche. In effetti ad un dato lavoro submassimale, il soggetto allenato ossida una maggiore quantità di grassi ed una minore quantità di carboidrati rispetto ad un soggetto non allenato. Tale caratteristica si ricollega a tre fattori: 1) incremento dei depositi intramuscolari di trigliceridi; 2) maggiore cessione di acidi grassi liberi da parte dei tessuti adiposi (aumenta la quantità di grassi utilizzabili); 3) accresciuta attività degli enzimi implicabili nell’attivazione e nel trasporto e nella scissione degli acidi grassi.

b. Modificazioni sistemiche.

b.1 Modificazioni cardiorespiratorie.

Le modificazioni indotte dall’allenamento aerobico nel sistema cardiocircolatorio e respiratorio consistono soprattutto in quelle che interessano il sistema di trasposto dell’ossigeno. Occorre però precisare che si tratterà tale argomento attenzionando le modificazioni sia in condizioni di riposo che in condizioni di attività submassimale.

In condizione di riposo, le principali modificazioni indotte dall’allenamento aerobico possono così elencarsi:

1) Modificazione delle dimensioni del cuore;
2) Diminuzione della frequenza cardiaca;
3) Aumento del volume di scarica sistolica;
4) Modificazione dei muscoli scheletrici.

In merito al primo punto, è noto che le dimensioni del cuore sono maggiori negli atleti rispetto agli individui sedentari. L’ipertrofia in atleti di resistenza è caratterizzata da un grande cavità ventricolare e normale spessore della parete ventricolare. Ciò comporta che il il volume di sangue che va a riempire il ventricolo durante la fase di diastole sia maggiore con conseguente maggiore volume di scarico sistolico che aumenta le capacità di resistenza agli sforzi.

La diminuzione della frequenza cardiaca (bradicardia) a riposo, è collegata sia all’intensità che alla durata degli allenamenti nel tempo (anni); non è influenzata in modo significativo dal tipo di allenamento né dai diversi programmi di allenamento. Circa la causa della bradicardia in chi pratica attività aerobica, questa è collegata al sistema di innervazioni del cuore collegati al sistema nervoso autonomo. Uno di questi è costituito dai cd “nervi simpatici” i quali quando stimolati, provocano un aumento della frequenza cardiaca. Gli altri sono i cd. Nervi parasimpatici, i quali se stimolati la fanno diminuire. Appare chiaro che un maggiore intervento di questi e una diminuzione di quelli simpatici, seguente ad allenamenti di resistenza, porti come conseguenza una evidente diminuzione della frequenza cardiaca a riposo.

Partendo dal presupposto che il volume di scarico sistolico è dato dal volume di sangue scaricato nell’unità di tempo per la frequenza cardiaca (Q= Volume sistolico x Frequenza cardiaca) a parità di frequenza cardiaca, un atleta (soprattutto di resistenza) disporrà di un notevole incremento della quantità di sangue scaricato nel sistema circolatorio. Non è tutto. Un altro dei fattori che va a migliorare lo “scarico sistolico” è infatti collegato anche ad una maggiore contrattilità del miocardio legato appunto all’attività di allenamento praticata.

L’ipertrofia muscolare indotta da un programma di allenamento, si accompagna normalmente ad un incremento della densità dei vasi capillari. Sia il rifornimento di ossigeno che quello di altri nutrienti al muscolo, che la rimozione di prodotti di rifiuto prodotti, risultano incrementati dacché sono presenti un maggior numero di capillari per fibra.

Detto delle modifiche in condizioni di riposo, si tratterà adesso di quello in condizioni di esercizio submassimale:

1) Nessuna variazione o lieve diminuzione del consumo di ossigeno.

Il consumo di ossigeno durante un esercizio con carico di lavoro submassimale rimane invariato o addirittura diminuisce leggermente dopo l’allenamento rispetto alle condizioni precedenti quest’ultimo. Ciò è dovuto ad un aumento del rendimento meccanico per incremento delle abilità tecniche.

2) Diminuita utilizzazione di glicogeno muscolare.

Durante un esercizio prolungato submassimale, la quantità di glicogeno muscolare utilizzato risulta essere inferiore in seguito ad allenamento. Tale risparmio di glicogeno, si ricollega all’accresciuta capacità del muscolo di utilizzare gli acidi grassi liberi come combustibile metabolico, riducendo di conseguenza, a seguito di complesse reazioni biochimiche, anche la produzione di acido lattico(sottoprodotto della scissione del glicogeno). L’utilizzazione delle scorte di glicogeno muscolare è stata messa in diretta relazione con la fatica muscolare, di conseguenza, l’effetto di risparmio di glicogeno risulta essere un fattore importante per ritardare l’insorgere della fatica e per migliorare le prestazioni di resistenza.

3) Diminuzione della produzione di acido lattico.

La diminuzione della produzione di acido lattico durante un allenamento submassimale, è una importante modificazione indotta da un programma di allenamento alla resistenza, poiché consente di potere sostenere sforzi anche per prolungati periodi di tempo senza andare incontro a fatica anzi tempo pur mantenendo frequenze cardiache elevate, e con accumulo di acido lattico ridotto. Un minore accumulo di tale prodotto di scarto, porta come ulteriore conseguenza anche l’innalzamento della soglia anaerobica.

4) Maggiore volume di scarica sistolica.

Valgono le stesso considerazioni già espresse in precedenza laddove si è trattato del volume di scarica sistolica in condizioni di riposo.

5) Diminuzione della frequenza cardiaca.

E’ questa probabilmente la più rilevante modificazione tra quelle che conseguono ad un allenamento submassimale, sottolineando che un cuore che batte più lentamente è più efficiente perché richiede meno ossigeno rispetto ad uno che batte con maggiore frequenza a parità di gittata cardiaca. Tali modificazioni sono causate da modificazioni che si producono in seno al muscolo cardiaco stesso e al sistema nervoso autonomo. La diminuzione della frequenza cardiaca ad esempio è posta in stretta correlazione con alla diminuzione dei valori plasmatici di noradrenalina e di adrenalina, che però con il progredire dei livelli allenanti restano poi costanti, malgrado la frequenza cardiaca tenda a diminuire comunque.

6) Modificazioni del flusso ematico.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la quantità di flusso ematico muscolare durante lavori submassimali, nei soggetti allenati è inferiore rispetto a soggetti sedentari. Ciò è dovuto al fatto che i muscoli allenati compensano la riduzione del flusso di sangue estraendo da questo una quantità maggiore di ossigeno. Ciò costituisce un indubbio vantaggio soprattutto in ambienti caldi, favorendo l’eliminazione del calore.

Tutte le modificazioni sopra riepilogate, che intervengono nel corso di allenamento submassimali, tendono a ridurre l’impegno relativo al quale sono sottoposti il sistema di trasporto dell’ossigeno e degli altri sistemi con esso correlati. In altre parole, una data quantità di esercizio submassimale diventa più submassimale per effetto dell’allenamento fisico aerobico svolto.

Qualche cenno meritano anche le modificazioni “respiratorie” quali: 1) aumento della ventilazione per minuto 2) incremento dell’efficienza ventilatoria 3) elevati valori polmonari 4) maggiore capacità di diffusione polmonare.

Sono poi da evidenziare anche gli ulteriori, ma non per questo meno importanti benefici che conseguono ad un allenamento di tipo aerobico.

1. Modificazioni della composizione corporea.

a. Diminuzione del grasso corporeo;
b. Nessuna variazione o lieve aumento della massa corporea magra;
c. Diminuzione peso corporeo totale.

Occorre tenere presente che le modificazioni indotte nella composizione corporea, ed in particolare per diminuzione del grasso corporeo, dipendono dal bilancio che viene a crearsi tra le calorie assunte e quelle spese. A tal proposito il costo calorico di attività quali la corsa o il ciclismo è indipendente dal fattore velocità, mentre è strettamente connessa alla distanza percorsa. Inoltre: vengono spese un maggior numero di calorie quando si corre che non quando si cammina per una data distanza; le donne spendono un maggio numero di calorie per Kg di peso di quanto non facciano gli uomini.

2. Modificazioni dei livelli ematici.

Un regolare programma di esercizio provoca una riduzione dei livelli ematici di colesterolo e di trigliceridi. Ciò è stato stabilito attraverso la comparazione di tali livelli in soggetti che prima di iniziare un programma di allenamento, presentavano valori elevati.

3. Modificazioni della pressione del sangue.

Un’altra importante modificazione che consegue all’esercizio di programmi di allenamento aerobici, è quella strettamente connessa alla diminuzione della pressione arteriosa, la quale ad un dato carico di allenamento diminuisce rispetto ai valori precedenti tale pratica. Inoltre, negli individui ipertesi si osservano riduzioni significative della pressione arteriosa, sia sistolica che diastolica, anche allo stato di riposo.

4. Modificazioni dell’acclimatazione al caldo.

Il processo di acclimatazione al caldo comporta alcuni adattamenti fisiologici che ci consentono di esercitare allenamento in modo più confortevole qualora ci si trovi in ambiente caldo. L’allenamento in particolare di tipo aerobico favorisce tale processo di acclimatazione, attraverso la produzione di elevate quantità di calore prodotte durante l’allenamento, che determinano un aumento della temperatura cutanea e di quella corporea simile a quello che è dato riscontrare allorché ci si alleni in ambienti caldi.

5. Modificazione dei tessuti connettivi.

I tessuti connettivi comprendono le ossa, i legamenti ed i tendini, nonché le articolazioni e le cartilagini.

In merito la regolare attività aerobica, modifica sia le ossa aumentandone la lunghezza e la densità (in funzione del grado di intensità dell’allenamento esercitato) un aumento del carico di rottura ed un incremento delle attività enzimatiche di queste strutture.

Anche tendini e legamenti conseguono particolari benefici dall’esercizio di allenamento di natura prevalentemente aerobica. In particolare, aumenta considerevolmente il carico di rottura sia dei legamenti che dei tendini. Inoltre si riscontra un aumento anche la forza legamentosa tra tendini ed ossa, permettendo quindi stress maggiori con minori rischi di lesioni.

Modificazioni delle articolazioni e delle cartilagini, intervengono con l’ispessimento della cartilagine in tutte le strutture articolari.

Conclusioni

Dopo aver diffusamente parlato di questo fondamentale sistema energetico, sembrerebbe logico concludere la trattazione rimarcando gli effetti positivi che un programma allenante aerobico ha nella nostra fisiologia.

Ma, poiché ogni medaglia ha il proprio rovescio, appare opportuno prima, fornire anche un’altra visione dell’argomento: tutti gli argomenti trattati, ed in particolare l’elencazione dei benefici correlati all’esercizio di allenamenti di tipo aerobico necessitano di due condizioni fondamentali: costanza e metodologia.

I benefici evidenziati infatti non sono assolutamente raggiungibili pensando di limitare il proprio processo di adattamento fisico a qualche mese o a qualche settimana. I processi di adattamento così importanti necessitano infatti di tempi medio/lunghi, ed anzi aggiungo che, più lungo è il tempo dedicato alla propria preparazione fisica ed in particolare aerobica, più duraturi saranno poi i risultati conseguiti. Aggiungo poi che in caso di interruzione forzata del proprio programma di allenamento, il raggiungere nuovamente lo stato di forma ideale, sarà più veloce negli atleti maggiormente condizionati.

Ugualmente fondamentale appare poi l’utilizzo di una metodologia allenante secondo quelli che sono i più moderni parametri e teorie dell’allenamento. Queste, come molti altri aspetti della nostra vita quotidiana, sono in continua evoluzione perché cambiano le nostre capacità fisiche e perché aumentano le possibilità di studi, ricerche e comparazioni. Sembra banale, ma i migliori risultati si ottengono grazie all’applicazione di metodologie allenanti che evidentemente soltanto i centri sportivi che puntano esclusivamente alla qualità, possono offrire ai propri atleti.

Fatta tale doverosa premessa, è giusto fornire anche una serie di valutazioni che possono spingere ognuno di noi ad continuare o ad avvicinarsi a programmi di allenamento basati sullo sviluppo del sistema aerobico.

Due dei maggiori problemi di salute della società contemporanea (covid-19 a parte…) sono costituiti dalle malattie cardiovascolari e dalla obesità. Sono queste, infatti, le due maggiori cause di mortalità. Un regolare allenamento all’esercizio fisico può contribuire a ridurre tali fattori di rischio.

La più frequente causa di sofferenza cardiovascolare è rappresentata dalla cd. “arteriosclerosi”, ovverosia un restringimento del lume delle coronarie e delle altre arterie, con conseguente arresto dell’apporto di sangue e di ossigeno al tessuto miocardiaco. I tre maggiori fattori di rischio sono costituiti statisticamente dal fumo, dall’elevata pressione del sangue e dall’alto livello di colesterolo nel sangue.

Ci sono pochi dubbi (anche dal punto di vista medico) sul fatto che un appropriato e sistematico allenamento, soprattutto a livello aerobico, rappresenti un significativo fattore di riduzione della gravità delle malattie cardiovascolari ed anche di alcune di altra natura, considerazioni queste, suffragate da molteplici studi scientifici.

Strettamente collegato all’insorgere di malattie cardiovascolari è quello della obesità. È stato infatti constatato che gli individui obesi presentano una percentuale di mortalità 2,5 volte superiore rispetto a quella di individui di peso e composizione corporea nella media. Ciò ha correlazione in quanto i fattori che determinano obesità sono la sovralimentazione e l’inattività fisica.

I benefici dell’attività aerobica non possono limitarsi e correlare unicamente alle problematiche di tipo cardiocircolatorio, è infatti dimostrato che le persone dedite ad attività fisica hanno anche minore incidenza di ictus, malattie respiratorie, di tumori e di morte per altre cause, rispetto a chi non pratica nessuna attività fisica, peraltro, recenti studi indicano che la consuetudine all’esercizio fisico aumenta la durata e la qualità della vita.

Vascolarizzazione coronarica collaterale, maggiore calibro dei vasi, maggiore capacità di coagulazione del sangue, abbassamento dei livelli di colesterolo nel sangue, diminuzione della pressione del sangue, sono tutti benefici conseguenti ad un allenamento aerobico duraturo, che come detto deve essere progettato e programmato, in funzione di chi si ha di fronte (fanciullo, giovane, adulto, anziano) ed in termini di intensità, durata e frequenza delle sedute di allenamento e di obiettivi da raggiungere.

Sull’intensità come detto, l’esercizio deve provocare risposta dell’organismo alla sollecitazione esterna, che deve essere tale da indurre una frequenza cardiaca mirata o Target Heart Rate, compresa tra il 60 e l’88% della frequenza massima (se il livello di fitness è elevato tale soglia massima può raggiungere anche il 90%).

La frequenza ottimale va da 3 a 5 giorni per settimana. Infatti, si osserva che se da un lato il livello prestazionale aumenta anche con un solo giorno a settimana di allenamento aerobico, tale miglioramento diventa marcato con 3 o 5 giorni settimanali. Aumentare i giorni significa tenere conto nella periodizzazione di sedute di “scarico” in modo da evitare il rischio di sovrallenamento. La durata consigliabile per allenamenti di questa tipologia va dai 15 ai 60 e più minuti, laddove la durata è correlata all’intensità dell’attività. L’allenamento aerobico di bassa o moderata intensità, anche per lunga durata, è raccomandabile per adulti non sportivi (effetto fitness totale).

Circa gli obiettivi, il tipo di esercizio allenante aerobico svolto deve presentare determinate caratteristiche:

– impegnare grandi gruppi muscolari (es. gli arti inferiori);
– lo si deve eseguire in maniera continua.

Una ultima indicazione. Prima di addentrarsi nella main part di un allenamento aerobico, è necessario eseguire esercizi di preriscaldamento (warm up) e al termine dell’attività, esercizi che agevolino il defaticamento (cool down). Esercizi di stiramento e di breve attività specifica del programma che si sta per iniziare, devono essere considerate ugualmente importanti rispetto al programma seguito. Occorre svolgere esercizi che coinvolgano i gruppi muscolari sollecitati, i muscoli del collo, degli arti superiori e inferiori, della colonna vertebrale e delle spalle, mantenendo la posizione per almeno 20 secondi.
Gli esercizi di stiramento e di attività specifica, sia in fase di warm up che in fase di cool down, prevengono l’insorgenza di dolori muscolari post allenamento.


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